Cinque
Sono uscito fuori dalla televisione a venti anni, sano di mente e in buona salute.
L'attentato concettuale al papa-polacco quando venne a Benevento. Proggettammo tutto, non era facile visto che dopo quella messinscena che spacciano spudoratamente per un attentato il papapolacco viaggia nella pap-mobile. Ma sapevamo che tiene una finestrina aperta per salutare. E allora. Si compra la bomba-carta da un tipo in provincia di Benevento che sostiene di fare botti per natale ma in pratica fa bombe-carta, visto che i botti per natale non fanno i buchi nel cemento. Si prende un aereoplanino telecomandato, che non ricordo chi ci poteva procurare. Si lega la bombacarta all'areoplanino. Ci si mette su una terrazza del tragitto. Si accende la bombacarta, quindi si fa kamikazare l'aereoplanino nel finestrino della pap-mobile, e Bum!. Addio papapolacco. E noi siamo nei titoli di testa dei tg di tutto il mondo. Siamo sempre stati un po' mitomani. E così. Ma non credo è così facile. Sennò tutti. E comunque fu soprattutto a lui che mi rivolsi pochi giorni dopo, durante le bestmmie urlate dal balcone quando l'Italia perse ai rigori con l'Argentina nel mondiale. Che Io odiavo l'Argentina e Maradona e il Napoli e la Camorra che si erano appena rubati e comprati lo scudetto contro il Milan. Grazie all'alleanza con quel mafioso figlio di puttana arbitro di Verona-Milan. Che schifo. Per non parlare poi del "buttati a terra, buttati a terra", belle scene davvero. E così quella squadra di caproni vinse lo scudetto, mentre l'argentina passava tutte le partite a culo fino ad eliminarci, e Io impazzii, semplicemente, iniziai col lancio di bottiglie contro le macchine parcheggiate, non so che c'entravano, e a inveire pesantemente contro il papapolacco accusato ingiustamente di aver portato sfortuna e non so se per un motivo o per l'altro qualcuno ha chiamato la pula, no i caramba erano i caramba, li dovevate vedere sotto casa, ma già prima che arrivavano il quartiere era insorto, mi accusavano di essere un teppista un blasfemo, una signora dal piano di sopra diceva che mai, mai bisogna parlare male del papa, mentre un mio amico cercava di aggiustare la situazione e diceva -si, signora è vero, ma cercate di capire, è un brutto momento. E la signora ancora- no, no, non me ne frega, non si parla male del papa, mai, è una vergogna, e ancora il mio amico -si, signora è vero, ma cercate di capire, c'è rimasto male per la partita, come tutti d'altronte. E la signora sempre più isterica -no non c'entra nulla la partita, è una vergogna, bestemmiare contro il papa, è una vergogna. E così via finchè anche la pazienza del mio amico finisce e si mette a gridare -Signora c'avete rotto il cazzo voi e quella merda bocchinara di quel figlio di puttana del papa, andatevene a fare in culo a chi và stramuorto!! E la signora del piano di sopra, finalmente, zitta. Ma è chiaro erano momenti brutti, proprio brutti, mentre intanto ecco i caramba sotto casa con una mega pila ad illuminare il palazzo, decidiamo di nasconderci, poi però non resisto alla tentazione, ti prende sempre più forte, non puoi fuggire, così apro il frigorifero, prendo un uovo e lo dono agli sbirri. Sulla macchina, PLAF!. Eh. Mossa azzardata che trasforma la situazione già molto complicata in disperata. Ma mai abbandonare (se si abbandona non si vince). Loro salgono, entrano in casa, incazzatissimi perché avevamo tirato "gli uovi" sulla loro macchina, Io li accompagno per un giro di perlustrazione per la casa, sempre con questa mega pila, non si è capito perché, entravano nelle stanze buie e si mettevano a scrutare con la pila, allora Io gli accendevo la luce e loro -si,si bravo, giusto. La corrente elettrica. Edison, fine XIX secolo. Comunque alla fine ci volevano portare tutti in caserma, soprattutto un mio amico che dicevano aver riconosciuto in quello che aveva tirato "gli uovi", che naturalmente non c'entrava niente, finchè Deus ex machina, scendono dal cielo, cioè dal 4° piano alcuni amici di famiglia che li convincono miracolosamente a lasciar perdere. E così almeno in quel caso, forse solo in quello, glie l'abbiamo fatta. Cioè Io, perché poi i miei poveri amici si vede era destino che finivano dentro quella notte, li beccarono a piazza mentre si facevano una canna e hanno passato non so quante ore in caserma. Ma di solito è il contario. A parte allo stadio, ma quello fa parte del gioco, ok, ci sono episodi che gridano vendetta. A cominciare dalla storica smanganellata che ci prendemmo in una città spagnola, Gerona mi sembra si chiamava. Noi volevamo solo andare in discoteca ma il buttafuori non è d'accordo, forse perché ci vede scombinatissimi o non so e dice no, questa apre a mezzanotte, poi dopo mezzanotte dice che è privata e non si può entrare, noi restiamo lì intorno a fumare e bere, Io faccio notare che la discoteca è all'aperto, così iniziamo un lancio di pietre all' interno, da fuori. Ci immaginavamo quelli dentro che mentre ballavano si vedevano piovere pietre. Piovevano pietre. Finchè arriva la pula, ci riempie di manganellate e se ne và. Così. Anche ragazzi che non c'entravano niente, tutti. Mentre uno della combriccola, siccome studiava spagnolo, cercava di tirarsi fuori e diceva no, io non c'entro niente, io sono spagnolo, ma qualcosa nella pronuncia o nell'accento non doveva funzionare a perfezione e loro giù manganellate. E non poteva mancare anche la scena da film quando mentre stavamo tutti in fila contro il muro per le perquisizioni passano una coppia di vecchietti che con la faccia schifata dicono -delinquentos. Questo avvenne all'andata. Al ritorno rieccoci in questa città, alla stazione per prendere il treno per il confine con la Francia. Io e un mio amico ci allontaniamo un po' dal gruppo tanto manca parecchio prima del nostro treno e quando torniamo non c'è più nessuno. E nemmeno le nostre valigie. Nella mia c'erano soldi, documenti, biglietto, tutto. Io avevo intuito che probabilmente avevano preso un treno sbagliato come infatti era successo (e il motivo era un disperato tentativo di conoscere alcune ragazze salite lì) e che conveniva comunque prendere il nostro treno per il confine, ma quello che stava con me era preoccupato per loro e diceva che forse stavano ancora lì in città e così non lo prendemmo e restammo la notte lì, era estate ma fece un freddo allucinante, il giorno dopo tramite contatti telefonici fra le varie famiglie sappiamo che loro sono arrivati al confine ma hanno poi subito preso il treno per l'Italia. Gli "amici". E comunque bisogna tornare. Primo problema: come passare il confine se non si hanno i documenti? Il poliziotto indicò dove andare per il controllo, Io me ne andai per cavoli miei da un'altra parte, per una vietta, e così mi ritrovai in Francia. Tranquillo. E non era nemmeno come oggi, con le frontiere in Europa praticamente aperte, era molti anni fa, ero ancora minorenne. Bò. Poi i controllori francesi ci hanno fatto gentilmente scendere tutto il giorno dai vari treni, bastardi figli di puttana, finchè una comitiva di italiani ci aiutò ad imboscarci nel loro scompartimento, a me e l'altro ragazzo che mi sono trascinato dietro, che ora dice che non c'era motivo di rischiare di passare il confine e si poteva fare questo e quello, soldi spediti chissà dove e a chi (senza documenti, cioè ancora oggi vado nella mia banca della mia città con l'assegno intestato a me e iniziano domande, controlli, fotocopie ai miei documenti, figuriamoci lì, senza considerare che almeno 2-3 giorni sempre ci mettevano). I consolati italiani uno a Barcellona, cioè indietro, e uno a Marsiglia, praticamente in Italia. Chiedemmo anche aiuto alla polizia ma dissero che non potevano fare niente perché non avevamo precedenti penali, altrimenti ci avrebbero fatto un foglio di via che risolveva tutto. Insomma no, non c'era nient'altro da fare, checchè ne dica il mio amico, anzi forse se non era per me stava ancora lì. Anche in Italia ci fu un accanimento spietato dei controllori, ho viaggiato spessissimo senza biglietto ma quella volta ero troppo stanco per reagire, non avevo dormito quasi niente, non mangiavo da tre giorni, mi fecero scendere nelle stazioni più disperate, finchè nella notte, seduto fra i barboni della stazione Termini, finalmente appare mio padre che mi riporta a casa. E l'episodio è quello che è, ma deve aver colpito molto la fantasia popolare, visto che ancora oggi dopo anni, capita che incontro qualcuno che mi dice si, ho capito, tu sei quello che è rimasto in Spagna, cioè che cavolo, sono anche un grande artista, ho fatto tante altre cose, sprizzo fascino e originalità, un attimo che vengo, insomma si, vabè, niente d'eccezionale.
Il più stronzo fra gli stronzi, dopo aver messo in giro la versione che eravamo noi che a un certo punto ce ne eravamo scesi dal treno, così, iniziò a bombardarmi di telefonate per chiedermi scusa, lo conoscevo da una vita e speravo fosse almeno l'occasione buona per togliermelo da torno, lo mandavo a fare in culo, lui richiamava e diceva ma almeno spiegami perché, no ma chissà, chissà perché dovrei stare incazzato, finchè mi arresi, tanto è uguale, la notte che facemmo pace ce ne andammo assieme a incendiare una scuola, ma già qualche giorno dopo si rubò i computer che Io mi ero rubato. (Era un periodo di forte attività vandalistica, noterete). Lui ancora oggi nega, naturalmente. Era stato un colpo che mi aveva dato grande soddisfazione, già altre volte eravamo capitati nelle sale computer delle scuole, ma era stata fortuna o totale idiozia "loro", tipo la mettevano al primo piano, porta blindata ma entri dalla finestra. E quando finivamo lì era davvero l'essenza del vandalismo, perché prendevi monitor, memorie, stampanti, cose che insomma valevano milioni e CRASH CRASH AH AH, eh, bei tempi. Ma la sala computer della nostra scuola (ormai ex scuola) sembrava davvero irragiungibile, lassù, e la porta blindata. Io c'ero stato più volte lì dentro, avevo fatto da insegnante in un corso per imparare a programmare, gratis naturalmente, come sempre gratis. Ed infatti quell'anno mi rimandarono anche in due materie. Comunque insomma era da tempo che cercavo una soluzione, volevo entrare lì, forse era una sorta di deviazione sessuale, insomma c'è chi vuole entrare in una fica e chi vuole entrare in una sala computer. Ed ecco che una notte alla luce dei lampioni risplende una impalcatura, che si arrampica su e su, fino al piano della sala computer. Avevano messo una impalcatura per dei lavori! Una passeggiata, una semplice arrampicata e sei dentro, fu l'unico colpo che ho fatto da solo, il resto del gruppo non se ne teneva, mi aspettarono giù e mi accompagnarono a casa, nascosi il bottino in un frigorifero abbandonato nel sottoscalo e lì forse starebbe ancora se qualcuno non veniva a prenderselo. Ma come dice il motto -"Amico amico, amico ù cazz!".
Che poi il detto "amico amico, amico ù cazz" viene pure da me, o meglio, Io sono quello che l'importò. Per anni questa frase è stata attribuita a tale Federico Cecanese, ma si tratta di un errore storiografico perché a dirla fu il ragazzo che stava nel letto sotto il mio, al militare. Un personaggio d'altri tempi, venuto fuori da non so dove, aveva fatto fino alla 3°elemetare, pascolava le pecore, fino ad allora non si era mai mosso dal suo paese, era di un' ignoranza totale, semplicemente totale. Stavamo ad Avellino, durante il mese di CAR. Lui era di un paese lì vicino, non sapeva nemmeno prendere il treno, era venuto in taxi. Ora, finito il mese di CAR bisognava cambiare caserma e tutti, dico tutti quelli della Campania furono mandati in un'altra città della Campania. Tranne lui, cioè l'unico che aveva seri problemi al riguardo, che era ovvio l'avrebbero dovuto far restare il più possibile vicino casa, indovinate dove lo mandano? A Pinerolo! Si, come a Fantozzi. A me dispiaceva un sacco per lui ma non potevo non ridere. A Pinerolo, lui era avvilito, non sapeva nemmeno dove si trovava, Io gli dissi vicino Torino, Torino? E dov'è? Insomma saranno una decina di ore di treno da qui e lui sbiancò. E iniziò a lamentarsi, a borbottare, che c'era un caro amico di famiglia, un maresciallo, che gli aveva promesso che dopo il CAR sarebbe rimasto in Campania, forse ancora più vicino casa, e ripeteva ossessivamente -l'amico maresciallo, l'amico maresciallo, quindi la frase "amico amico, amico u cazzo!!". Un capolavoro. Non ricordo il suo nome, Antonio forse.
E il senso dell'amicizia, il suo motivo d'essere, l'ho provato fino ad ora proprio durante il servizio militare, oggi non mi ricordo più nemmeno un nome, ma ci furono amicizie intensissime, venute fuori dal niente, così, perché c'era bisogno di aiutarsi. Di aiutarsi l'un l'altro. Chi non ce la fa a svegliarsi come me, chi non riesce a stare lontano dalla ragazza, chi ha nostalgia di casa, chi sta "scoppiando", chi sta male e basta, e così, ci si aiuta l'un l'altro, viene naturale. L'amicizia. E quello è il ricordo più bello dei miei due mesi da militare. Due mesi intensissimi, ogni giorno succedeva qualcosa. A volte ci si divertiva pure, andammo su una spiaggia a sparare contro il mare (l'unica volta che sparammo) e beccammo anche una bella giornata. Il sole. E i "traccianti" che sono dei colpi che lasciano una scia rossa, così vedi questi traccianti che partono -vum, schizzano sul mare e si impennano, su, verso il cielo. (Blu). Però c'erano molte altre cose che proprio non andavano. Oltre alla questione di principio, c'era un piantone che alle 7 si metteva a gridare sveglia, sveglia e tu ti dovevi svegliare davvero. E non solo. Insomma non si poteva proprio fare, una sera di aprile me ne andai. E ciao ciao.
E prima di andarmene da solo avevo anche fatto un fallimentare tentativo per liberare tutti, perché sono fatto così, non sono egoista, cioè lo sono in teoria, ma poi nella pratica è diverso. E avevo progettato l'occupazione della caserma, mi ero anche procurato una mappa dettagliatissima, sai tipo quelle degli architetti, tridimensionale, c'era tutto. Ed era una stronzata, mi accorsi subito di essere capitato nella caserma d'Italia più facile da occupare, dieci persone, non di più ed è fatta. Ma ne trovai una sola, con cui andavo in giro per cercare gli altri ma tutti tiravano fuori le scuse più assurde, a me mi manca solo un mese, io ho un figlio sennò figurati, cose così, insomma nessuno voleva essere libero e invano gli narravo la parabola del giorno da leone e i cento da pecora, e facevo notare che forse era l'unica occasione che loro avrebbero avuto nella vita per passare alla storia, niente, preferivano i cento giorni da pecora.
E me ne andai, puntavo verso Amsterdam o comunque fuori dall' Italia, anche perché avevo in precedenza parlato col mio "avvocato", un ragazzo a cui mi rivolgo sempre per dubbi legali, lui è un genio nel suo campo, Io credo che ognuno è un genio in un particolare campo, il difficile è avere la fortuna di trovarlo. Forse a quest'ora potevo essere un campione di hockey su ghiaccio o che ne so, ed invece eccomi a fare lo scrittore. Lui invece l'ha azzeccata proprio la sua via, sa tutto e il contrario di tutto, anche se bisogna ammettere che quella volta commise un errore, forse l'unico, perché disse "non c'è soluzione legale". Così avevo pensato di andare ad Amsterdam a fare lo spacciatore, perché all'epoca ero così idiota da credere che fare lo spacciatore è un bel mestiere. Non so, mi piaceva l'idea di donare "felicità" alla gente. Invece è un lavoro di merda in un ambiente di merda, non c'è proprio nulla di bello. Comunque non finii ad Amsterdam, stavo girando per le città italiane, un po' di vacanza dopo due mesi di militare, e intanto telefonavo a casa dicendo che stavo a Napoli, in caserma, finchè una volta sento i miei genitori avviliti, sapevano tutto, li avevano avvertiti i miei amici militari che mi avevano anche "coperto" per 2-3 giorni, e insomma mio padre era davvero preoccupato, diceva torna, torna, ti prometto che non vai a finire dentro, Io dissi che si, potevo anche tornare ma non subito, perché stavo in viaggio da appena una decina di giorni e poi ero appena arrivato a Firenze, ma loro stavano davvero avviliti, così ok, tornai e non successe niente davvero, come sempre, tutta la mia vita è così, fai qualsiasi cosa non succede mai nulla. Nulla.
Comunque Flint, sai che ti dico, forse è stata una mossa un po' infantile, però va bene, hai dimostrato coraggio e ti sei tolto il militare da torno. Si, in effetti più passa il tempo e più mi sento orgoglioso per questo episodio, concedetemelo, solo questo. perché per usare appunto un linguaggio militare, ci vogliono le palle, ci vogliono le palle per prendere ed andarsene, così. Sulla spiaggia quasi deserta di Rimini, a guardare il mare, momenti di gloria. Ed ho fatto bene perché un paese "democratico" non dovrebbe imporre ad un ragazzo di passare un anno così, controvoglia, e senza nessun motivo, non esiste insomma. E non mi venite a dire che si, è vero, ma non è poi così brutto, ed è sempre un' esperienza e così via, perché questo è tutto un altro discorso e che non c'entra nulla, non c'entra proprio niente. La leva obbligatoria è semplicemente una cosa incivile e disertare è un dovere morale. Bravo. Grazie.
E invece eccomi in guerra. Si vede era destino. Fra l'altro combattere è l'essenza della vita. Due cose vuole un vero uomo: pericolo e gioco. E la guerra è il gioco più pericoloso. Ti dirò, si, fa freddo qui, ma non si sta poi tanto male. Sempre meglio. E poi oggi c'è un clima di festa. Perché da un momento all'altro riceveremo l'ordine di attacco. Ed usciremo da questa angusta trincea. La truppa è di buon umore. Balliamo e cantiamo. La truppa è di buon umore perché sa che stiamo andando a farci annientare.
Dopo la fuga finii alla neuro civile. E poi alla neuro militare, due posti molto diversi perché nel primo c'erano i pazzi veri, nel secondo quelli finti come me. E quando stai in mezzo i pazzi veri non è una cosa bella, Io mi sentivo come il protagonista di "Qualcuno volò sul nido del cuculo", la situazione era praticamente identica, con l'amico bestione pure, un omone gigante con cui passavo la giornata, pazzo davvero però, o almeno non si è mai dichiarato non tale. Era un piccolo inferno lì dentro, oltre alla puzza, indescrivibile, nella camerata non si poteva stare, nel corridoio si respirava un po' di più, stavo praticamente tutta la giornata lì, anche quando dormivo, mi mettevo su una panca di legno. Poi ogni tanto qualcuno impazziva, scassava, gridava, e picchiava gli infermieri. Dei santi, prima di quell' esperienza ero convinto che quelli che lavorano in questi posti sono dei bastardi, dei mostri, avevo sentito spesso storie di cronaca su quando fanno i blitz in questi posti e trovano pazienti torturati e cose del genere. Ma almeno gli infermieri del reparto neuro civile di Benevento della primavera '91 erano dei santi, non si capiva dove prendevano la pazienza, una volta dopo essere stati più volte picchiati da un giovane pazzo, si decisero finalmente a legarlo al letto. E allora questo inizia a gridare, a implorare, quindi alternare bestemmie pesantissime alla Madonna con umilissime scuse per le bestemmie e così via, alternativamente. Quindi si mette a implorare perdono, di farsi slegare. Io pensavo non saranno così pazzi (gli infermieri) da slegarlo davvero. E invece quelli si lasciano impietosire, lo slegano, e lui nemmeno il tempo corre in una stanza, distrugge tutto, prende una flebo rotta e inizia a tagliarsi e quando si avvicina l'infermiere per bloccarlo gli tira un calcio in pancia o nelle palle bum fortissimo, l'infermiere a terra esanime. Finchè finalmente lo riescono a bloccare e legare di nuovo al letto, e rinizia il ciclo, nuovo giro nuova corsa, così, tutta la notte. Ma queste storie erano continue, 24 ore su 24, sono rimasto lì dentro 4-5 giorni, come in un carcere, uscivo un'oretta al giorno, ancora un po' e impazzivo davvero, stavo lì lì per andarmene via, quando sono riuscito a farmi trasferire in un altro reparto dell' ospedale dove mi sono messo a letto e ho praticamente dormito una decina di giorni consecutivi. Meritato riposo. E ho perso il foglio che mi aveva dato l'amico bestione quando me ne andai, un capolavoro, un foglio dove c'era un cut-up di formule matematiche, fisiche, pensieri filosofici e altro. Me lo dette chiedendomi di sistemarli in un discorso coerente. Bellissimo. Perso. E ho perso anche (cioè l'hanno perso i miei genitori quando traslocarono) la diagnosi della psicologa, quasi tutte cazzate perché sai facevo il pazzo quindi era fortemente falsato, ma a un tratto s'illumina, una frase perfetta, da vera professionista era riuscita a captare l'essenza, mi ha sinceramente stupito, diceva: "Si denota in lui un totale senso di irresponsabilità, che potrebbe apparire una "gioiosità della vita" ma che in realtà si instaura in una personalità in cui predomina un senso di noia e di disgusto nei confronti della vita". Perfetto. Semplicemente perfetto, perché questo è il punto, chi se ne tiene, che già vivere è una rottura di palle, e mangiare e svegliarsi e parlare, tutto, poi dovrei anche essere "serio", impegnarmi in qualcosa, dare valore a questa buffonata.
Poi andai all' ospedale militare e mi dettero un mese di convalescenza. Riguardo alla diserzione insomma il problema si era risolto. Dopo un mese tornai e me ne dettero un altro. A questo punto, per regola, non potevano darmi altri giorni di convalescenza, o mi riformavano o mi rispedivano in caserma. E rieccomi allora un mese dopo ancora all'ospedale, stava iniziando l'estate, era un inferno, si crepava dal caldo, ognuno si preparava le battute da dire il giorno dopo, tornare in caserma all'inizio dell' estate era davvero triste. Ed anche stare lì all' ospedale era davvero triste, con quelle brande di merda, le zanzare che ti mangiano, nulla di nulla da fare. Per quelli della neuro si resta solo un giorno, non di più, ma fui sfortunato perché capitai di sabato e avrei dovuto attendere fino a lunedì, me ne andai, scavalcai il cancello e me ne andai a dormire nel mio bel lettuccio di casa, a meno di un'ora di treno da lì. Ma questo non è niente d'eccezionale, anche altri (della neuro, naturalmente) scavalcavano e andavano via. Arrivai di notte, i miei genitori dormivano e non vi dico il giorno dopo quando mi trovarono nel mio letto a dormire, un casino, ancora nel sonno tutto annebbiato vedevo quella faccia di fesso di mio padre che diceva -è scappato! E' scappato un'altra volta! E Io facevo segno di no e mi schiacciavo contro il cuscino cercando di continuare a dormire e dicevo che mi avevano dato un permesso. E mio padre -ma quale permesso, è scappato un'altra volta!. Anche la voce di mia madre -Oddio! Oddio!. Ma a quel punto mi avevano praticamente svegliato, gli spiegai che non c'era nulla di grave, che avrei passato la domenica lì e poi sarei riscavalcato dentro di notte, e così feci.
Il giorno dopo sembrava di stare in una sala d'attesa per un'audizione, anch'Io all' epoca non avevo mai sentito parlare del metodo Stanislavsky ma in pratica lo applicai in pieno, tanto c'era da attendere ore prima di essere chiamati, mi chiusi in me, completamente concentrato. Immedesimato. E avevo capito subito cosa bisognava fare, e infatti fui il migliore, il numero Uno, come sempre, il segreto è semplice, non fare ciò che tutti gli altri fanno. Era evidente, ognuno entrava nella stanza, si sentivano urla, grida, pugni contro i mobili, sono esaurito, non posso tornare, se torno m'ammazzo e quello li rispediva dritti dritti in caserma, era ovvio bisognava fare il contrario. Vabè che partivo fortemente avvantaggiato dal fatto che venivo dalla neuro civile, che sono un grande attore (anzi, sono un attore, è una vita che recito) ed ero anche più "acculturato" perché non so dove mi era capitato di leggere un libricino di Jung che spiegava come faceva a individuare le simulazioni di pazzia, tipo diceva al "pazzo" apri la porta e lui andava ma muoveva la maniglia verso l'alto, cioè il comando l'aveva capito, poi bleffava. Cose così insomma, c'erano parecchi esempi. Più che altro è importante sapere che dall'altra parte non c'è un fesso, così quando sono entrato non ho fatto praticamente nulla, lo psicologo ha detto sbrigativamente -e tu cos' hai? E Io ho detto niente, a bassa voce, guardando un po' nel vuoto, di fronte a lui ma senza focalizzarlo. Lui ebbe come uno scatto, cambiò completamente atteggiamento, cominciò a dire come niente? E Io dicevo niente, sto bene. Cominciò a guardare le carte, mi chiedeva se me la sentivo di tornare in caserma e Io si, perché no, ormai sto bene. E non c'era una cinepresa a riprenderci. Un capolavoro. Perduto nel tempo e nello spazio. E insomma alla fine mi ha mandato via e quando venne mio padre a prendermi si raccomandò di tenermi d'occhio. Articolo 41. E anche questa è fatta.
Bella storia terrestre, e perché poi ti sei arruolato qui? Così. Non avevo niente da fare laggiù. Nostalgia? Nostalgia di che? Sto male laggiù, nostalgia di che? Vedi, qui fa freddo, è vero, ma è un freddo sopportabile. Dovresti provare quello del mio pianeta. Ed arrivare alla mia età senza aver mai avuto un amico, un amore, niente, sempre e per sempre completamente solo. E' una cosa che dà coraggio almeno, altrimenti sparisci. Qui almeno qualche amico c'è, ci sei tu. E altri. Lì no. I miei genitori, quando morirò mi butteranno sotto terra, faranno così, già lo so, già l'ho visto, per loro è uguale. Insomma capisci adesso? Tornare? No. No. No. C'è nessuno? Mi ascolti?
Non dire così. E' che stare qui è snervante, capitava anche a me i primi tempi. Ti prende un po' di depressione. E poi, soli, sperduti fra le stelle, un sogno di onnipotenza, essere tutto e tutti, essere uno e uno solo, forse ti sta capitando questo. Forse sei stanco. Fa parte del gioco. E' vero, però. Anch'io vorrei morire, ma come faccio, non ho nemmeno un corpo come te. Suicidio mentale. Conto le pecore all'infinito. Forse c'è di meglio. Se avessi un corpo non credo sarei ancora qui. E' strano che solo gli esseri più intelligenti e sensibili pensano al suicidio. Una selezione naturale all' incontrario. Se solo potessi spararmi un colpo in bocca come te.
No, non mi ucciderò così. Troppo rumoroso. Poco igienico. Il mio sogno è suicidarmi coi tranquillanti, è la cosa più bella credo, perché ti addormenti, piano piano, senti come un dolce formicolio, e via. E mentre mi addormento magari vengo anche a trovarti, parliamo un po', ci salutiamo e intanto mi vedi sparire, piano piano, e ciao ciao, un saluto a te e un vaffanculo a tutti gli esseri di questi merdosissimi universi.
Stiamo perdendo terrestre, ci stanno succhiando tutta la Felicità. Perdere. Proveremo a perdere con dignità. Conterò le pecore all' infinito. Poteva andare meglio. Meglio. Credo poteva andare meglio.
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